Introduzione

Trapianti in soggetti con tumore

Il trapianto

Le persone malate di tumore possono ricevere un trapianto. In alcuni casi il trapianto può rappresentare la cura principale, ad esempio in alcuni casi di tumore che colpisca un organo o nei tumori del sangue. In altri casi, come avviene per il mixoma cardiaco o per l’angiomatosi epatica, il trapianto diventa necessario perché tali tumori raggiungono dimensioni tali da “occupare spazio” e compromettere il funzionamento dell’organo. Le persone che hanno bisogno del trapianto di un organo e hanno, o hanno avuto, un tumore maligno in un’altra sede rispetto a quella da trapiantare, possono ricevere un trapianto dopo una valutazione, effettuata caso per caso, che tenga conto anche delle probabilità che il tumore si ripresenti a distanza di tempo.

Trapianto di cuore

I tumori cardiaci rappresentano un evento raro e possono distinguersi in forme primitive, che si formano nel cuore, e secondarie, che nascono in altri organi e poi si diffondono a distanza (metastasi) come avviene, per esempio, nei tumori del polmone, della mammella o del rene.

Tra le forme benigne, il mixoma è il più diffuso e rappresenta da solo più della metà dei tumori benigni che possono colpire il cuore. Si localizza, in genere, in una delle quattro camere cardiache, prevalentemente nell’atrio sinistro, tende a non dare metastasi ma può ripresentarsi dopo qualche anno (recidiva). La ricomparsa (recidiva) di un tumore cardiaco è stata riscontrata più frequentemente nelle persone che presentavano lesioni multiple, avevano familiari con tumori cardiaci, età più giovane e eliminazione del tumore incompleta.

La terapia migliore consiste nell’asportazione della massa tumorale, i risultati a breve e lungo termine sono generalmente buoni e la sopravvivenza libera da recidiva a 10 anni è circa del 93-100%. Anche nel caso di eliminazione incompleta di un tumore cardiaco benigno l’aspettativa di vita è buona perché questi tumori crescono lentamente.

Contrariamente ai tumori benigni, solo il 15% dei tumori maligni primitivi del cuore è eliminabile chirurgicamente al momento in cui viene accertato (diagnosi), a causa della loro rapida e invasiva crescita. La principale difficoltà nel determinare la possibilità di intervenire chirurgicamente consiste nella necessità di accertarsi che il tumore non si sia diffuso al di fuori del cuore.

Generalmente, il trapianto di cuore è una scelta terapeutica riservata per lo più alle persone con insufficienza cardiaca allo stadio terminale dovuta, principalmente, a malattie non oncologiche. Tuttavia, il trapianto può essere indicato anche in persone con un tumore cardiaco primitivo, soprattutto benigno, nelle quali il tumore non possa essere operato. Il ruolo del trapianto nelle persone con tumori maligni rimane, invece, ancora poco chiaro, anche se può essere effettuato in casi selezionati.

Trapianto di polmone

La disponibilità di polmoni è molto inferiore rispetto alle richieste presenti nella lista d’attesa per il trapianto e la mortalità delle persone in attesa di trapianto è molto alta. Per tale ragione è opportuno, nel trapianto di polmoni più che degli altri organi, effettuare un’accurata selezione della persona che dovrebbe riceverlo affinché si abbia un reale beneficio dall’intervento chirurgico. La Società Internazionale per il Trapianto di Cuore e di Polmoni (ISHLT) nelle sue linee guida per la selezione del candidato al trapianto di polmoni del 1998, 2006 e 2015 ha preso in esame il caso delle persone malate di tumore. È comunemente accettato che i tumori in atto, sia primitivi che secondari, sia a localizzazione polmonare che in altri organi, rappresentino una controindicazione assoluta al trapianto di polmoni. Per escludere la presenza di tumori non ancora scoperti, le persone che necessitano di un trapianto di polmoni prima di essere inserite nella lista di attesa vengono sottoposte a attenti controlli clinici e strumentali.

Per i tumori avuti in passato (pregressi), sia ai polmoni che ad altri organi, viene valutata la sede, la tipologia, il grado di estensione e di evoluzione del tumore e l’intervallo libero da malattia. Nei tumori con basso rischio di ricomparsa (recidiva), ad esempio i tumori della pelle diversi dal melanoma, curati opportunamente, è accettabile un intervallo libero di malattia di due anni. In tutti gli altri casi, in particolare in presenza di tumori del sangue, sarcoma, melanoma o tumori al seno, alla vescica o ai reni, dovrebbe essere dimostrato un intervallo libero da malattia di almeno 5 anni. Sfortunatamente, per le persone con tumori in stadio avanzato o particolarmente aggressivi, il rischio di ricomparsa può rimanere troppo elevato per procedere al trapianto di polmone anche dopo un intervallo di 5 anni libero da malattia.

Trapianto di fegato

Prima di essere inserite in lista di attesa per il trapianto di fegato, come avviene anche per il trapianto di altri organi solidi, le persone devono essere sottoposte ad un approfondito e accurato controllo oncologico (angioTC Total Body, rettosigmoidocolonscopia, mammografia, pap-test, etc) in modo da escludere la presenza di un tumore in altri organi e identificare lo stadio dell’eventuale tumore presente nel fegato. In caso di tumori avuti in passato in organi diversi dal fegato, la persona potrà ricevere un trapianto se considerata clinicamente guarita, in modo da minimizzare il rischio di un’eventuale ricomparsa del tumore (recidiva).

Il trapianto può essere un’indicazione terapeutica nelle persone con tumore del fegato. In particolare, mentre è raro, ma possibile, ricevere un trapianto per curare un tumore benigno (come nel caso della angiomatosi epatica diffusa), la principale indicazione al trapianto in questo ambito è rappresentata dall’epatocarcinoma (HCC), tumore primitivo del fegato. I criteri per la selezione delle persone da inserire in lista d’attesa sono i cosiddetti “criteri di Milano”, codificati e descritti per la prima volta nel 1996. Negli ultimi anni sta crescendo, inoltre, sempre di più l’oncologia trapiantologica che si propone di curare con il trapianto anche alcune tipologie di tumori secondari.

Trapianto di rene

Le persone in dialisi hanno un aumentato rischio di sviluppare tumori, in particolar modo il carcinoma renale e il carcinoma uroteliale. Con il progredire dell’insufficienza renale cronica, il rischio di sviluppare un tumore aumenta sia in conseguenza della depressione del sistema immunitario tipica dell’uremia, sia per le alterazioni immunologiche legate alla dialisi.

Dai dati del Registro Internazionale dei Tumori del Centro Trapianti di Cincinnati, che riguarda i trapianti effettuati in persone con vari tumori, è emerso che per la maggior parte dei tumori un periodo di attesa di almeno 2 anni tra il momento della cura/eliminazione del tumore e la data del trapianto, riduce il rischio di ricomparsa del tumore ad un accettabile 10%. Un livello ancora inferiore sarebbe raggiunto se il periodo di attesa fosse portato a 5 anni. Ciò, tuttavia, penalizzerebbe in modo significativo le persone con età più avanzata. Tale intervallo di tempo, tuttavia, può variare a seconda della natura istologica del tumore. È prudente attendere 5 anni nei tumori dell'utero, della mammella e della vescica. Il vero problema si pone, invece, nei confronti delle persone che potrebbero avere tumori senza saperlo. Da questo punto di vista, le persone che destano le maggiori preoccupazioni sono naturalmente le più anziane, soprattutto quando restano a lungo in lista d'attesa, perché dovrebbero essere sottoposte a periodiche valutazioni. Per tentare di ridurre al minimo il rischio di trapiantare organi in persone che hanno un tumore senza saperlo, le raccomandazioni proposte dalla Task Force, sia americana che canadese, indicano la necessità di accurati controlli nelle persone candidate al trapianto di rene.

In generale, un tumore avuto in passato non rappresenta di per sé una controindicazione assoluta al trapianto di rene, ma è necessario un adeguato controllo prima di procedere al trapianto come definito dalle Linee Guida Nazionali e Internazionali. Infatti, esiste una significativa correlazione inversa tra il tempo trascorso dalla guarigione dal tumore e la probabilità che possa ricomparire (recidiva) dopo il trapianto. È da sottolineare che il rischio di recidiva è molto basso per i tumori cutanei diversi dal melanoma, per i carcinomi in situ dell’utero o della vescica, mentre è significativamente più elevato per i tumori del colon-retto, del seno e per il melanoma. Invece, aver avuto in passato un tumore delle cellule del sangue dopo il trapianto (Post-transplant lymphoproliferative disease - PTLD) non rappresenta una controindicazione ad un successivo trapianto. Comunque, sebbene le persone in dialisi abbiano un’aumentata probabilità di sviluppare tumori non è necessario che siano sottoposte a strategie di sorveglianza diverse da quelle raccomandate per la popolazione generale.

Trapianto di cellule staminali emopoietiche

Il trapianto di cellule staminali emopoietiche (CSE) rappresenta ormai da decenni la terapia di elezione per la cura e la guarigione di persone con malattie tumorali, soprattutto in ambito ematologico.

Dalle prime esperienze in tale campo, successive scoperte scientifiche hanno permesso di migliorare i risultati ottenuti, soprattutto in termini di sopravvivenza delle persone trattate, spingendo ad affinare sempre di più le tecniche di trapianto e ad ampliare i tipi di malattia in cui il trapianto risulta efficace.

Il trapianto di cellule staminali viene eseguito per:

In base al tipo di tumore cambiano anche le tipologie di trapianto. In caso di neoplasie mieloidi la maggior parte dei trapianti (96%) è effettuato con CSE provenienti da un familiare o da un donatore non appartenente alla famiglia (allogenico); in caso di neoplasie linfoidi, invece, l’81% di trapianti è effettuato con cellule provenienti dal malato stesso (trapianti autologhi) e solo il 19% da soggetti diversi (trapianti allogenici), mentre per i tumori solidi sono solo il 2% i trapianti allogenici effettuati.

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Prossimo aggiornamento: 27 Febbraio 2026

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