Le patate se non vengono mangiate subito diventano tossiche?
Non è vero che le patate debbano essere consumate appena cotte e che, anche se conservate in frigo, diventino tossiche.
L’origine della falsa credenza di dover mangiare le patate appena cotte, probabilmente è dovuta al fatto che alle volte, dopo la cottura, le patate possono scurirsi. Il loro eventuale colore grigio-nero non ne cambia però sapore né valore nutrizionale. Questo fenomeno non avviene sempre ed è indipendente dal tipo di cottura: siano esse bollite, fritte o arrosto.
Si tratta solo di una semplice reazione chimica di ossidazione: il ferro contenuto nelle patate reagisce con l’acido clorogenico, una sostanza fenolica che difende le patate da microrganismi dannosi, ha proprietà antiossidanti e di regolazione metabolica, ed è contenuta nel caffè verde, in vari tipi di frutta, nelle melanzane e nei pomodori.
In presenza di ossigeno, il complesso ferro-acido clorogenico si ossida, dando alle patate la colorazione scura, forse sgradevole all’occhio del consumatore, ma assolutamente non pericolosa.
Il contenuto di ferro presente nelle patate dipende dal terreno dove sono coltivate, mentre quello di acido clorogenico è determinato dalla varietà dell’ortaggio stesso. Altre sostanze presenti nelle patate, come ad esempio l'acido citrico, possono contribuire a farle diventare meno scure, ma il loro contenuto dipende dalle condizioni ambientali e di coltivazione (1).
A causa, dunque, di tutte queste variabili, non è sempre detto che le patate si anneriscano, specialmente se ben conservate dopo la cottura (2).
Più che alla porzione scura che si presenta a seguito della reazione di ossidazione, è ben più importante fare attenzione a dei fattori così detti “antinutrizionali”, come i glicoalcaloidi, che possono essere presenti in tutti i vegetali in quanto vengono prodotti dalla pianta stessa come meccanismo di protezione e difesa e che possono essere tossici per la salute umana, specie se ingeriti in quantità eccessive. Nella patata, i glicoalcaloidi sono rappresentati da α-caconina e α-solanina. Nei tuberi, cioè nelle patate che mangiamo, si concentrano soprattutto nella buccia, in particolare, nei tuberi esposti al sole e in quelli vecchi, rugosi e con molti germogli.
Le tecniche di cottura comuni, quali bollitura o microonde non sembrano apportare modifiche consistenti nella concentrazione di glicoalcaloidi, mentre la frittura, grazie alla elevata temperatura che si raggiunge durante la cottura, riesce a diminuirne la concentrazione. L’unico modo sicuro per diminuire la quantità di queste sostanze tossiche è la rimozione della buccia dal tubero, sia sul prodotto crudo che dopo la cottura. Ad ogni modo, nelle varietà commerciali il contenuto di glicoalcaloidi riscontrato è inferiore a 100 mg/kg o comunque inferiore a 200 mg/kg di polpa fresca, limite cautelativo fissato dalla commissione di esperti FAO/WHO.
Possiamo, dunque, stare tranquilli nel consumare le patate, anche quelle avanzate, purché conservate in modo adeguato:
- quando sono ancora crude, vanno tenute al buio e in luogo asciutto, e devono essere consumate prima che germoglino (3)
- una volta cotte, devono essere conservate in frigorifero stando attenti a non fare trascorrere troppi giorni prima di consumarle per evitare la crescita di microrganismi o batteri
Per essere totalmente sicuri ed evitare rischi di tossicità, meglio togliere la buccia!
1. Wang-Pruski G and Nowak J. Potato after-cooking darkening. American Journal of Potato Research. 2004; 81: 7–16
2. Wang-Pruski G. The Canon of Potato Science: 47. After-cooking Darkening. Potato Research. 2007; 50(3): 403–406
3. Crocco, S. Potato sprouts and greening potatoes: Potential toxic reaction. JAMA. 1981; 245(6): 625