Introduzione

Acqua potabile

L'acqua potabile, meglio definita come "acqua destinata al consumo umano" per includere usi alimentari, igienici e domestici, è un bisogno primario per la salute delle persone e della collettività ed è sempre stata legata allo sviluppo della vita e della civiltà. L'accesso universale all'acqua e ai servizi igienici è un diritto umano fondamentale e la sua tutela è ritenuta un'azione prioritaria dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dell'Unione Europea e nelle politiche nazionali. Norme, regolamenti e misure legislative adottate in Italia, come in molti altri Paesi, hanno l'obiettivo di garantire che in ogni casa, scuola, comunità e in ogni ambiente produttivo sia disponibile acqua sicura in adeguata quantità, con continuità nell'erogazione e costi sostenibili per i consumatori.

Perché un'acqua possa essere definita potabile deve essere:

  • incolore
  • insapore
  • inodore
  • priva di particelle sospese (limpida e trasparente)

queste caratteristiche sono definite organolettiche.

Inoltre non deve contenere:

  • microrganismi
  • parassiti
  • sostanze chimiche

in quantità tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute.

 Perché acque destinate al consumo umano siano considerate sicure devono essere rispettati livellli di sicurezza delle sostanze (naturali e non) e dei microorganismi nocivi eventualmente presenti e devono essere presenti minerali naturali ed elementi essenziali nella giusta quantità. Alcuni elementi essenziali per la salute quali, ad esempio, il boro, il selenio, il fluoro, il cromo e il rame, che l'organismo non è in grado di produrre da solo e deve procurarsi dagli alimenti, sono veicolati attraverso le acque nelle quali sono naturalmente presenti (leggi la Bufala) insieme ad altri sali minerali quali calcio, magnesio, iodio, potassio, anch'essi essenziali per lo sviluppo di tessuti e organi (ad esempio, denti e ossa), per gli scambi tra le cellule e per altre reazioni che producono energia (leggi la Bufala). Il consumo prolungato di acque demineralizzate o con quantità molto basse di elementi essenziali quali il calcio e il mangnesio può essere dannoso per la salute umana. Una corretta quantità di elementi essenziali è anche fondamentale per far sì che le acque destinate al consumo umano non siano aggressive o corrosive e per migliorarne il sapore.

È, quindi, importante bere una quantità adeguata di acqua (almeno 2 litri al giorno per un adulto), specialmente nei periodi caldi o dopo aver svolto un'attività fisica intensa, con forte sudorazione e perdita di liquidi e di sali minerali.

Secondo i più recenti dati dell'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) il volume d'acqua prelevato per uso potabile dalle fonti di approvvigionamento presenti in Italia è pari ad una quantità giornaliera per persona di 419 litri.

Circa la metà (51,4%) del volume di acqua prelevata non raggiunge il rubinetto, principalmente a causa delle dispersioni della rete dovute a tubature vecchie e a scarsa manutenzione. L'erogazione giornaliera per uso potabile è quantificabile in 215 litri per abitante. Le perdite risultano particolarmente problematiche in alcune zone se pensiamo che la disponibilità di acqua è posta a serio rischio dai cambiamenti climatici che causano fenomeni di siccità anche prolungati.

La qualità delle acque potabili e i processi di potabilizzazione

L'acqua è un elemento essenziale per la vita umana ma l'utilizzo di acque non sicure può comportare conseguenze gravi per la salute. Il pericolo di gran lunga più importante riguarda la possibile presenza di microbi (batteri), di parassiti o di virus, che nei Paesi avanzati come l'Italia è tenuto sotto controllo sia attraverso analisi di laboratorio sia tramite le pratiche di trattamento e disinfezione. È, invece, un problema rilevante a livello mondiale con più di 2 milioni di casi l'anno.

Per quanto riguarda le sostanze chimiche che possono essere presenti nelle acque, esse possono avere un'origine naturale e derivare da minerali associati alla geologia dei corpi idrici (o acquiferi) o provenire da attività produttive dell'uomo. Questi ultimi possono inquinare le falde acquifere a causa di emissioni incontrollate nell'ambiente o essere presenti nell'acqua come sostanze in tracce, ad esempio come conseguenza dei trattamenti, o rilasciate dai materiali a contatto con le acque (es: tubature).

I requisiti di qualità stabiliti per le acque potabili nella nostra legislazione derivano da norme europee e sono basati sulle conoscenze scientifiche che hanno permesso di definire le quantità per le varie sostanze chimiche o per gli agenti microbiologici che, considerando il consumo nell'arco di tutta la vita, possono essere presenti nell'acqua senza che comportino alcun rischio significativo per la salute, secondo criteri di massima precauzione (valori guida OMS).

I valori guida sono definiti considerando sia l'ingestione (acqua bevuta direttamente o assimilata dagli alimenti durante la loro preparazione) sia il contatto e l'inalazione che si verificano usando l'acqua per l'igiene domestica (ad esempio, lavaggio di pavimenti e superfici) e personale (ad esempio, la doccia).

I fattori (o parametri) da controllare sono definiti in base a:

  • pericolosità delle sostanze che possono essere presenti nell'acqua, ad esempio arsenico o piombo
  • probabilità che sostanze pericolose contaminino le risorse idriche naturali
  • probabilità che sostanze pericolose contaminino le acque prima del loro arrivo al punto in cui le stesse acque sono utilizzate (ad esempio al rubinetto), nel corso dei trattamenti di potabilizzazione e della distribuzione attraverso la rete idrica

Infatti, le acque possono essere potabili grazie a processi di filtrazione e disinfezione che avvengono naturalmente nel corso del ciclo dell'acqua oppure in seguito a trattamenti specifici, in genere diretti a eliminare possibili contaminazioni chimiche (rimuovendo le sostanze indesiderabili attraverso il passaggio su filtri come sabbia, carbone, resine sintetiche) o purificando le acque da microrganismi attraverso metodi di disinfezione, per lo più mediante cloro, ozono o radiazioni ultraviolette. Trattamenti e materiali utilizzati devono rispondere a requisiti di efficacia nel rimuovere le contaminazioni in modo efficiente e garantire la sicurezza delle acque.

Il processo di disinfezione che ha consentito di prevenire numerose malattie dovute alla presenza di batteri e virus nell'acqua, in alcuni casi può dar luogo alla formazione di sostanze chimiche (sottoprodotti) dovute alla reazione tra l'agente chimico impiegato per la disinfezione, ad esempio il cloro, e la materia organica naturalmente presente nelle acque. Tuttavia, il rischio associato ai trattamenti delle acque può essere considerato del tutto sotto controllo, perché la presenza dei sottoprodotti viene costantemente controllata.

L'origine dell'acqua potabile che sgorga dal rubinetto può essere diversa:

  • acque sotterranee
  • acque superficiali
  • acque ottenute per eliminazione del sale dall'acqua di mare (dissalazione)

Ovviamente i trattamenti a cui sono sottoposte le acque per renderle potabili sono diversi e da essi spesso dipende la qualità delle stesse acque. Altri fattori importanti sono i sistemi attraverso cui le acque sono trasportate fino al punto di consegna (usualmente il contatore) e di distribuzione interna agli edifici. Ad esempio, i materiali con cui sono costruite le tubature possono influire sulla qualità finale delle acque.

Per questo, la sicurezza delle acque potabili oggi si basa su una valutazione dell'intero sistema idro-potabile, a partire dalle risorse idriche utilizzate per l'approvvigionamento fino al punto di fornitura per il consumatore, considerando ogni possibile pericolo ed i suoi potenziali effetti sulla salute.

Al sistema di prevenzione e controllo operato dal gestore idro-potabile (ovvero chiunque fornisce a terzi acqua destinata al consumo umano), si aggiunge un sistema indipendente di controllo da parte delle autorità sanitarie competenti sul territorio e responsabili del giudizio di idoneità al consumo delle acque.

In Italia, la qualità delle acque potabili che arrivano al rubinetto di casa è, in generale, molto buona anche perché più dell'85% proviene da acque sotterranee, in genere adeguatamente protette dalla contaminazione e, perciò, non soggette ai trattamenti a cui sono sottoposte le acque superficiali (da fiumi o laghi). I dati nazionali dei controlli su milioni di analisi riportano un numero molto ridotto (intorno all'1%) di non-conformità agli standard, in zone circoscritte del territorio.

Secondo i più recenti dati ISTAT, molte famiglie ancora non si fidano di bere l'acqua di rubinetto (leggi la Bufala). I dati, però, sono in miglioramento. La sfiducia è passata dal 40,1% del 2002 al 29,0% del 2018 con notevoli differenze territoriali: dal 17,8% del Nord-est al 52,0% delle Isole (53,3% e 48,5% rispettivamente in Sicilia e Sardegna).

All'origine della diffidenza verso l'acqua di rubinetto vi sono spesso interruzioni e disservizi della fornitura, aspetto torbido, effetti dovuti allo stato e manutenzione delle reti.

Le normative

Le attuali normative regolamentano la cosiddetta “acqua destinata al consumo umano” che include non solo l'acqua da bere, ma anche quella utilizzata per la preparazione del cibo o utilizzata per le pratiche di lavaggio (igiene domestica o personale). Rientrano nella stessa definizione, inoltre, tutte le acque impiegate dalle industrie per la preparazione o la confezione di prodotti destinati al consumo umano, ad esclusione di quelle che non hanno impatto sull'igiene del prodotto stesso (per esempio, le acque di raffreddamento di un impianto). Le norme stabiliscono i criteri di idoneità delle acque per consumo umano, tenendo conto dei livelli di sicurezza non solo per gli adulti, ma anche per le persone fragili come bambini o ammalati (leggi la Bufala).

Le principali norme sulla qualità e l'igiene dell'acqua destinata al consumo umano in Italia sono contenute nel Decreto legislativo del 2 febbraio 2001 n. 31, in attuazione della Direttiva Europea 98/83/CE. Queste norme stabiliscono, tra le altre cose, i livelli di sicurezza e i controlli a tutela della salute umana rispetto a sostanze chimiche (inclusi elementi minerali naturali), microrganismi e parassiti potenzialmente presenti nelle acque (leggi la Bufala).

I parametri di sicurezza stabiliti a livello nazionale recepiscono tutte le indicazioni definite a livello europeo, inserendo anche parametri aggiuntivi considerati rilevanti nel nostro Paese come, ad esempio, per il clorito (sottoprodotto che può formarsi in seguito ad alcune pratiche di disinfezione) o il vanadio (elemento naturale presente in rocce di origine vulcanica) (leggi la Bufala).

Anche i limiti di sicurezza per ciascun parametro (“valori di parametro”) sono recepiti dalla norma europea ma, in alcuni casi, vengono adottati valori nazionali più stringenti, come avviene nel caso dei trialometani (ad esempio il cloroformio), che si formano durante la disinfezione con cloro o con disinfettanti a base di cloro, come sottoprodotti dovuti alla reazione fra il disinfettante e la materia organica contenuta nell'acqua.

I materiali e gli oggetti che possono essere utilizzati negli impianti per le acque destinate al consumo umano sono oggetto di una specifica normativa, attualmente in fase di revisione, per instaurare un sistema di certificazione e approvazione nazionale.

I requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano, sono regolati da una normativa specifica, in particolare, il Decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 28.

Secondo le norme in vigore, l'igiene dell'acqua deve essere assicurata fino al punto finale di consumo, in genere il rubinetto domestico, o il punto di rifornimento industriale. Nelle industrie alimentari il mantenimento della qualità successivo all'ingresso deve essere controllato e garantito dall'azienda stessa. 

Di recente è stata emanata la nuova direttiva (UE) 2020/2184 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano che presenta sostanziali novità rispetto alla precedente 98/83/CE, con profonde riforme ad ampio spettro che interessano, tra l’altro:

  • la valutazione dei rischi attraverso i Piani di Sicurezza dell’Acqua, con particolare riferimento alla distribuzione nel tratto domestico
  • la comunicazione efficace e trasparente ai cittadini
  • l’accesso all’acqua
  • l’armonizzazione delle norme sui materiali a contatto con l’acqua potabile

Il recepimento della nuova direttiva negli ordinamenti nazionali degli Stati Membri è atteso entro il 12 gennaio 2023.

I controlli

La normativa italiana stabilisce che le acque, nel punto in cui vengono rese disponibili per il consumo umano, rispettino requisiti minimi di salubrità e qualità fisica, chimica, microbiologica e radiologica. La rispondenza delle acque ai requisiti di legge è regolamentata dalla sorveglianza operata dai gestori idrici e dalle autorità sanitarie. Sono infatti stabiliti programmi di “controlli interni”, che il gestore è tenuto ad effettuare e di “controlli esterni” svolti dall'Azienda Sanitaria Locale (ASL) competente sul territorio. Sulla base dei controlli effettuati viene emesso il giudizio di idoneità al consumo umano dell’acqua che spetta alla azienda sanitaria competente.

Nell'ambito dell'organizzazione regionale, l'autorità sanitaria competente predispone un piano annuale della frequenza dei controlli analitici. Nel piano sono individuati i punti di prelievo (che possono essere alla sorgente, ai centri idrici, lungo le condotte, presso le fontanelle pubbliche o anche alle singole utenze), la frequenza dei prelievi di campioni di acqua e i parametri da controllare.

I metodi per l'analisi dei parametri di idoneità sono fissati dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS). Nel caso in cui una ASL riscontri delle non conformità nell'acqua, comunica i risultati al fornitore e può proporre al sindaco, se necessario, eventuali provvedimenti cautelativi a tutela della salute pubblica.

Il sistema di controllo è stato di recente notevolmente rafforzato attraverso l'introduzione, mediante il DM 14 giugno 2017, dei “piani di sicurezza dell’acqua” che definiscono misure di prevenzione, sorveglianza e monitoraggio specifiche per ogni “filiera idro-potabile”. In questo modo si tiene costantemente sotto controllo ogni potenziale fattore di rischio che può pregiudicare la sicurezza dell'acqua, a partire dall'ambiente in cui vengono prelevate le risorse idriche fino al rubinetto del consumatore, includendo nell'analisi dei rischi anche i trattamenti e la distribuzione.

L'Italia ha introdotto questo sistema di prevenzione concepito nel 2004 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e recepito nelle linee guida nazionali elaborate dall'Istituto Superiore di Sanità, in anticipo rispetto alle norme europee. Infatti l'obbligo di adozione dei piani di sicurezza dell'acqua è l'elemento centrale della nuova direttiva sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, ancora oggi in fase di finalizzazione.

Questo approccio permette di fronteggiare possibili “nuovi” rischi quali, ad esempio, sostanze chimiche che possono contaminare le acque superficiali o le falde in seguito a smaltimenti illeciti o l'eventualità che elementi minerali di origine naturale siano presenti nelle acque a concentrazioni indesiderate. I cambiamenti climatici sono un aspetto critico che sempre più frequentemente dovrà essere considerato per il loro effetto negativo sulla disponibilità e qualità delle risorse idriche nell'ambiente, ma anche sui processi di trattamento e distribuzione delle acque.

Prossimo aggiornamento: 01 Febbraio 2024

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