Introduzione

Cadmio

Il cadmio (il cui simbolo chimico è Cd) è un metallo bianco argenteo e malleabile presente in tracce nella crosta terrestre, nell'aria e nell'acqua. Il suo nome deriva da quello della città di Cadmo, vicina a Tebe, dove veniva estratto nell'antichità.

Poiché reagisce facilmente con altri elementi formando vari composti, alcuni dei quali tossici, il cadmio si trova raramente nella sua forma pura, o elementare. La forma minerale primaria del metallo è il solfuro di cadmio; i due composti di cadmio che si dissolvono facilmente nell'acqua sono il solfato e il cloruro di cadmio.

Il cadmio viene rilasciato nel suolo, nell'acqua e nell'aria da fonti naturali ma, soprattutto, in seguito alle lavorazioni industriali quali l’estrazione, la raffinazione e la lavorazione di metalli non ferrosi, la produzione di batterie e vernici, la produzione e l’applicazione di fertilizzanti artificiali a base di fosfati, l’uso di combustibili fossili (come carbone e petrolio), l’incenerimento e lo smaltimento dei rifiuti.

Una volta che il cadmio è emesso nell'aria, si diffonde con il vento percorrendo anche lunghe distanze dal sito di emissione, e si deposita sul suolo o sulla superficie dell'acqua.

Livelli più elevati di cadmio possono essere trovati nel suolo o nelle acque vicino a zone industriali o a siti di rifiuti pericolosi, nelle aree vicine a strade ad alta percorrenza (a causa dello scarico delle automobili) o nei terreni agricoli fertilizzati.

Nel suolo, il cadmio si lega fortemente alla materia organica e viene assorbito dalle piante e dalle colture agricole, entrando così nella catena alimentare. Anche le acque superficiali possono contenere cadmio disciolto e può accumularsi, in genere a bassi livelli, anche negli organismi acquatici (come molluschi e crostacei).

Fino alla metà del '900, il cadmio era usato principalmente per conciare la pelle o come pigmento nei coloranti, ma le quantità utilizzate erano, comunque, piuttosto limitate.

Oggi il cadmio è utilizzato principalmente in:

  • batterie ricaricabili (83%)
  • coloranti (8%)
  • rivestimenti e placcature (7%)
  • stabilizzatori per materie plastiche (1,2%)
  • leghe con altri metalli per saldature, conduttori elettrici e altri usi (0,8%)

Poiché costituiscono un prodotto di consumo “usa e getta”, le batterie Ni-Cad (Nichel-Cadmio) rappresentano ben oltre la metà dei rifiuti di cadmio prodotti.
Inoltre, alcuni contenitori di metallo, come vassoi, brocche, scodelle o articoli in ceramica possono contenere piccole quantità di cadmio.

Fonti di esposizione

La popolazione generale può essere esposta al cadmio attraverso:

  • cibo e acqua potabile contaminati
  • fumo attivo e passivo di sigaretta, le foglie di tabacco infatti accumulano il cadmio dal suolo
  • inalazione di polvere e fumi, soprattutto per le persone che vivono vicino a industrie che lavorano o emettono cadmio

Gli alimenti rappresentano oltre il 90% dell'esposizione umana al cadmio poiché entra nella catena alimentare attraverso terreni agricoli e fonti d'acqua contaminate, soprattutto nelle vicinanze di alcune industrie. In generale, verdure a foglia larga come lattuga e spinaci, ma anche patate e cereali, arachidi, semi di soia e semi di girasole contengono alti livelli di cadmio. Esso, inoltre, può accumularsi negli organismi acquatici (soprattutto crostacei e molluschi) e nelle frattaglie (fegato e reni) degli animali da macellazione.

In media, in Europa, attraverso una dieta normale o onnivora le persone assumono con il cibo 2-3 microgrammi (µg) di cadmio per chilo di peso corporeo alla settimana; nei vegetariani e ancor più nei vegani il livello è circa raddoppiato a causa di un più elevato consumo di cereali, frutti con guscio (ad esempio, noci, mandorle) e altri semi oleosi.
L’ingestione del cadmio attraverso l’acqua è, generalmente, 10 volte inferiore rispetto a quella associata al cibo.

Una minima parte della quantità di cadmio introdotta con gli alimenti può derivare anche dall'utilizzo di utensili e attrezzature, sottoposti a cadmiatura (vale a dire rivestiti con un sottile strato di cadmio metallico), adoperate nella lavorazione e preparazione dei cibi.

I fumatori di sigarette, in genere, hanno un'esposizione più alta rispetto alle persone che non fumano; i livelli di cadmio sono 1-2 microgrammi (µg) per sigaretta di cui il 10% viene inalato e il 5% viene assorbito. Il cadmio inalato attraverso il fumo di sigaretta è più facilmente assorbito del cadmio ingerito attraverso il cibo o l'acqua.

L'esposizione professionale al cadmio si verifica, invece, principalmente durante i processi industriali che implicano il riscaldamento di materiali contenenti cadmio come la fusione, la placcatura elettrolitica, la produzione di batterie o la produzione e uso di pigmenti. Il rischio varia, ovviamente, a seconda del luogo di lavoro.

Effetti sulla salute

Gli effetti sulla salute causati dal cadmio dipendono principalmente dalla quantità del metallo nell'organismo, dalla durata dell’esposizione e dalla via di esposizione.

Se il cadmio viene inalato, nei polmoni ne viene assorbito circa il 5–50%, quantità che poi entra nel circolo sanguigno.
Se viene ingerito la percentuale di cadmio assorbita è, invece, solo dell’1-10%.
Se passa attraverso la pelle ne viene assorbito meno dell’1%.

Individui con bassi livelli (carenza) di ferro nel sangue assorbono più cadmio dal tratto gastrointestinale.

Una volta entrato in circolo, il cadmio si distribuisce ampiamente in tutti gli organi e le quantità più alte si ritrovano nel fegato, nei reni e nelle ossa, dove si accumula e rimane per tempi molto lunghi: il tempo necessario per eliminare la metà del contenuto di cadmio presente nel corpo umano (o semivita) varia tra 10 e 30 anni. Il cadmio assorbito, infatti, viene espulso molto lentamente, e in quantità approssimativamente uguali, attraverso urine e feci.

L'intossicazione da cadmio può essere di tipo acuto (dovuta a esposizione singola a dosi elevate) o cronico (dovuta a esposizioni ripetute a basse dosi).

Intossicazione acuta

Riguarda principalmente i lavoratori, esposti per breve periodo a inalazione di fumi contenenti alte concentrazioni di cadmio, che sviluppano febbre e una polmonite chimica che si manifesta dopo poche ore dall'esposizione, provoca danni al polmone e nel 20% dei casi, dopo qualche giorno, porta alla morte del soggetto intossicato. Questo tipo di intossicazione, però, è divenuta molto rara in seguito alle leggi per la protezione della salute dei lavoratori e ai controlli più accurati negli ambienti di lavoro.

Ingestione di cibo o acqua contaminati con elevate quantità di cadmio

Se si ingerisce cibo o acqua contaminati con alte quantità di cadmio, i disturbi (sintomi) che compaiono sono costituiti da:

Altri disturbi causati da esposizioni brevi ma a dosi alte includono:

Aria contaminata

I livelli di cadmio generalmente presenti nell'aria non sono abbastanza alti da causare danni acuti o (almeno per brevi esposizioni) ai polmoni.

Esposizione cronica

Respirare bassi livelli di cadmio per molti anni, come nel caso dei fumatori, o consumare cibi e acqua contaminata ai livelli normalmente presenti nell'ambiente (esposizione cronica) può provocare un accumulo di cadmio nell'organismo e portare a:

Effetti sui reni

Nel sangue il cadmio si trova legato ad alcune proteine dette metallotioneine, e in questa forma arriva ai reni per essere eliminato ma, una volta filtrato, viene in parte riassorbito dalle cellule renali che degradano le metallotioneine, rilasciando cadmio libero in attesa che nuove proteine siano formate e lo leghino di nuovo. Quando la quantità di cadmio libero è troppo elevata, le cellule renali vengono danneggiate e si verifica una disfunzione renale.

Effetti sulle ossa

La prolungata esposizione al cadmio può rendere le ossa più fragili con più alti rischi di frattura e alta incidenza di osteoporosi, sia per una demineralizzazione diretta delle ossa (rilascio di calcio dalle ossa), sia come risultato delle disfunzioni renali (maggiore eliminazione di calcio nelle urine e mancata attivazione della vitamina D).

Gli effetti sulle ossa in una popolazione femminile giapponese in età avanzata (già in menopausa) esposta a livelli molto elevati di cadmio nel riso e nell'acqua sono noti come la malattia di Itai-Itai, caratterizzata da fratture multiple e distorsione delle ossa lunghe dello scheletro.

Effetti sui polmoni

Esistono evidenze che l’esposizione prolungata per inalazione a dosi relativamente elevate di cadmio, come nel caso della esposizione professionale, possa causare tumori ai polmoni. Sulla base dei dati disponibili, la IARC (International Agency for Reseach on Cancer) ha classificato il cadmio come “cancerogeno di categoria 1”; l’EPA (Environmental Protection Agency) americana lo considera un probabile cancerogeno (“Gruppo B1”) per l’uomo.

Effetti sui bambini

Gli effetti sulla salute dei bambini derivanti dall'esposizione a livelli tossici di cadmio sembrerebbero essere molto simili a quelli osservati negli adulti, con danni prevalenti ai reni e ai polmoni. Tuttavia, studi su animali hanno evidenziato che i giovani sono più sensibili degli adulti a una perdita di tessuto osseo. Il cadmio si trova anche nel latte materno e una piccola quantità entra nel corpo del bambino attraverso l'allattamento. Tuttavia, ad oggi non sono disponibili sufficienti evidenze scientifiche su eventuali effetti del cadmio sulla salute dei bambini alla nascita e sul loro sviluppo o comportamento.

Prevenzione e controllo

Essere consapevoli delle possibili fonti di cadmio può aiutare a limitare la propria esposizione. Ad esempio, si dovrebbe controllare che bambini piccoli (minori di 3 anni) non abbiano accesso alle batterie al nichel-cadmio contenute in alcuni giocattoli in modo da evitare che possano ingerirle.

Quando esaurite, inoltre, le batterie dovrebbero essere eliminate correttamente seguendo le regole della raccolta differenziata, per evitare di contaminare l’ambiente.

Anche non fumare sigarette, oltre a molti altri vantaggi, contribuisce a ridurre l'esposizione al cadmio del fumatore e delle persone che gli stanno attorno e a prevenire i relativi effetti sulla salute.

L'esposizione professionale può essere controllata attraverso dispositivi di protezione individuale, buone pratiche di igiene industriale, controllo e riduzione delle emissioni di cadmio.

In Europa l'EFSA (European Food Safety Authority), sulla base dei dati disponibili, ha stabilito una dose settimanale accettabile di cadmio pari a 2,5 microgrammi (µg) per chilo di peso corporeo. Tale quantità corrisponde, in media, a quella normalmente ingerita dalla popolazione generale, in cui l'esposizione con la dieta rappresenta il 90% dell’esposizione totale. Tuttavia, alcune categorie di persone (ad esempio i vegetariani e i forti consumatori di molluschi e crostacei) ne ingeriscono di più a causa della loro dieta più ricca in alimenti che contengono livelli di cadmio più alti: per questo L'EFSA raccomanda di mettere in pratica misure che permettano di ridurre l'emissione di cadmio nell'ambiente a protezione della salute di tutti i consumatori.

Una dieta bilanciata che non ecceda in cibi contenenti alti livelli di cadmio e abbia un apporto corretto di zinco e ferro, può aiutare nel ridurne l'assunzione attraverso il cibo.

Negli Stati Uniti l'ATSDR (Agency for Toxic Substances and Disease Registry) ha definito un livello di rischio minimo (MRL, vale a dire una dose alla quale il rischio di avere effetti sulla salute è trascurabile) pari a 0.03 microgrammi/m3 per inalazione acuta e di 0.01 microgrammi/m3 per inalazione cronica.

In Italia il cadmio è uno dei parametri che viene controllato regolarmente nelle acque potabili; il D.Lgs n. 31 del 2001 ha fissato per le acque potabili un valore di 5,0 microgrammi (µg) per litro.

Come determinare l’esposizione a cadmio

Esistono particolari test in grado di misurare la presenza di cadmio nei tessuti (sangue, urine, feci, capelli, fegato e rene) per valutare se, e in quale misura, ci sia stata esposizione al metallo (indicatori biologici o biomarcatori di esposizione).

L'eventuale presenza di cadmio nell'organismo non significa necessariamente la comparsa di malattie ad esso correlate. A causa della sua presenza in molti cibi, infatti, ognuno di noi ha livelli misurabili di cadmio nell'organismo: la comparsa degli effetti dipende dai valori più o meno alti e dalla risposta individuale.

Il biomarcatore più significativo per valutare l’esposizione è la quantità di cadmio presente nelle urine. I livelli di cadmio nel sangue sono principalmente indicativi di esposizioni recenti.

Il cadmio misurato nelle feci può essere utilizzato come indicatore diretto della quantità assunta quotidianamente con gli alimenti, poiché il cadmio alimentare è scarsamente assorbito nel tratto gastrointestinale.

Nei lavoratori esposti al cadmio per inalazione, la concentrazione di cadmio nelle feci è stata utilizzata per stimare sia la quantità di cadmio inalato trasportato nel tratto gastrointestinale, sia quella ingerita incidentalmente come polvere durante il lavoro.

Le concentrazioni di cadmio nel fegato e nei reni possono essere misurate utilizzando tecniche complesse, che richiedono attrezzature sofisticate e costose e comportano l'esposizione a radiazioni: perciò sono utilizzate solo in casi particolari.

Inoltre, livelli aumentati di metallotioneina nel sangue possono essere considerati un biomarcatore di esposizione al cadmio (che ne fa aumentare la produzione come meccanismo di difesa).

Per l'accertamento (diagnosi) e la cura delle malattie dovute all'esposizione cronica al cadmio è consigliabile seguire le prescrizioni mediche specifiche già in uso per la cura di insufficienze renali o respiratorie, osteoporosi, ipertensione e malattie cardiovascolari, rivolgendosi al proprio medico di famiglia o allo specialista.

Bibliografia

Ministero della Salute. Acque potabili - Parametri. Cadmio

Enciclopedia Treccani. Cadmio

World Health Organization (WHO). Exposure to cadmium: A major public health concern (2010) (Inglese)

Agency for Toxic Substances and Disease Registry (ATSDR). Cadmium- ToxFAQs™ (Inglese)

Prossimo aggiornamento: 03 Novembre 2022

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