Introduzione

Rifiuti

In questi ultimi anni in Italia la produzione annua di rifiuti per ogni persona si attesta intorno ai 500 chili: una quantità che moltiplicata per l’intera popolazione italiana risulta pari a circa 30 milioni di tonnellate. Questa cifra, da sola, fa comprendere l'importanza di una corretta gestione dei rifiuti sia per l'ambiente che per la salute umana e animale. Oltre a problemi sanitari e ambientali, lo smaltimento dei rifiuti ha anche un impatto sociale - fonte di preoccupazioni e tensioni nella popolazione che abita vicino a discariche e impianti di trattamento - ed effetti economici, legali e illegali, come quelli legati al traffico illecito di rifiuti e alla realizzazione di discariche abusive che possono mettere a rischio la salute.

Secondo il Testo Unico Ambientale (TUA, art. 183 Decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152), in accordo con la definizione della Comunità europea, per rifiuto si intende “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi”.

La definizione di rifiuto è, quindi, strettamente connessa all'azione del disfarsi: condizione necessaria affinché un oggetto, un bene o un materiale venga classificato come rifiuto e in seguito “codificato” a livello comunitario in base all'attuale Codice Europeo dei Rifiuti (CER).
Con il termine disfarsi il legislatore intende comprendere anche lo «smaltimento» e il «recupero» di una sostanza o di un oggetto.

Tutte le fasi di raccolta, trasporto, trattamento, ammasso e deposito dei rifiuti dovrebbero essere eseguite sempre nel rispetto e nella protezione della salute umana e dell'ambiente, come indicato dalla normativa vigente.

Classificazione dei rifiuti

Secondo la normativa vigente in Italia (art. 184, Decreto legislativo 152/06), i rifiuti vengono classificati secondo l'origine in:

  • rifiuti urbani, per lo più domestici, la cui gestione è affidata al Comune: il cittadino paga la tassa sui rifiuti e il comune si occupa di smaltirli
  • rifiuti speciali, per lo più prodotti da imprese e attività produttive agricole, artigianali, commerciali e industriali. L'impresa che produce il rifiuto deve avere un rapporto diretto con il gestore del servizio di smaltimento che si occupa della raccolta e che individuerà gli strumenti più idonei per lo specifico rifiuto

Nello specifico, i rifiuti urbani (art. 184, comma 2, Decreto legislativo n. 152/06) comprendono:

  • rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e abitazioni
  • rifiuti non pericolosi, provenienti da locali e luoghi diversi dall’abitazione (ad esempio, imballaggi in carta e plastica prodotti da un piccolo negozio di abbigliamento)
  • rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade
  • rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti su strade e aree pubbliche o su spiagge di mari e laghi o su rive dei corsi d’acqua
  • rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali
  • rifiuti provenienti da attività cimiteriale, come il recupero di resti ossei

Sono, invece, rifiuti speciali (art. 184, comma 3, D.Lgs 152/06), quelli derivanti da:

  • attività agricole e agro-industriali
  • attività di demolizione, costruzione e attività di scavo
  • lavorazioni industriali
  • lavorazioni artigianali
  • attività commerciali
  • attività di servizio
  • attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi dalla potabilizzazione, dalla depurazione delle acque di scarico e da abbattimento di fumi
  • attività sanitarie

I rifiuti vengono classificati anche secondo le caratteristiche di pericolosità, in:

  • rifiuti non pericolosi, gran parte dei rifiuti domestici, carta, plastica, residui alimentari, imballaggi
  • rifiuti pericolosi, ad esempio siringhe, fiale per iniezioni, pomate, pile, batterie per automobili, filtri per l’olio, tubi al neon, residui di vernici, pesticidi e insetticidi, olio esausto, scarti dell’industria chimica e fotografica, dell’attività metallurgica, della produzione o trasformazione di pelli e tessuti

L'individuazione della pericolosità riveste sempre una notevole importanza, poiché ha effetti sulla gestione dei rifiuti, sulla disciplina per il trasporto su strada di merci pericolose (ADR), sulla gestione di eventuali incidenti, sulla valutazione del rischio chimico e, non ultime, sulle sanzioni previste per una non corretta gestione dei rifiuti, diverse da quelle previste per i rifiuti non pericolosi.

Esistono varie categorie che descrivono le caratteristiche di pericolo dei rifiuti:

  • HP 1 “Esplosivo”, rifiuto che può, per reazione chimica, sviluppare gas a una temperatura, una pressione e una velocità tali da causare danni nell’area circostante. Sono inclusi i rifiuti pirotecnici, i rifiuti di perossidi organici esplosivi e i rifiuti autoreattivi esplosivi
  • HP 2 “Comburente”, rifiuto capace, in genere per apporto di ossigeno, di provocare o favorire la combustione di altre materie
  • HP 3 "Infiammabile", rifiuto solido o liquido che, anche in piccole quantità, può infiammarsi in meno di cinque minuti quando entra a contatto con l’aria; rifiuto solido facilmente infiammabile o che può provocare o favorire un incendio per sfregamento
  • HP 4 “Irritante - Irritazione cutanea e lesioni oculari”, rifiuto la cui applicazione può provocare irritazione della pelle o lesioni agli occhi
  • HP 5 “Tossicità specifica per organi bersaglio”, rifiuto che può causare tossicità specifica per alcuni organi con un’esposizione singola o ripetuta
  • HP 6 “Tossicità acuta”, rifiuto che può provocare effetti tossici rapidi e improvvisi (acuti) in seguito alla somministrazione per bocca (via orale) o attraverso la pelle, o in seguito a inalazione
  • HP 7 “Cancerogeno”, rifiuto che causa il cancro o ne aumenta la frequenza
  • HP 8 “Corrosivo”, rifiuto la cui applicazione può provocare corrosione cutanea
  • HP 9 “Infettivo”, rifiuto contenente microrganismi (batteri o virus) vitali o loro tossine che sono cause note, o a ragion veduta ritenuti tali, di malattie nell’uomo o in altri organismi viventi
  • HP 10 “Tossico per la riproduzione”, rifiuto che ha effetti nocivi sulla funzione sessuale e sulla fertilità degli uomini e delle donne adulti, nonché sullo sviluppo dei figli
  • HP 11 “Mutageno”, rifiuto che può causare una mutazione, ossia una variazione permanente della quantità o della struttura del materiale genetico di una cellula
  • HP 12 “Liberazione di gas a tossicità acuta”, rifiuto che libera gas a tossicità acuta a contatto con l’acqua o con un acido
  • HP 13 “Sensibilizzante”, rifiuto che contiene una o più sostanze note per essere all’origine di effetti di sensibilizzazione (di tipo allergico) per la pelle o gli organi respiratori
  • HP 14 “Ecotossico”, rifiuto che presenta o può presentare rischi per l’ambiente (acqua, aria, suolo e organismi presenti)
  • HP 15 “Rifiuto che non possiede direttamente una delle caratteristiche di pericolo summenzionate ma può manifestarle successivamente”, rifiuto che contiene una o più sostanze contrassegnate con una delle indicazioni di pericolo o con una delle informazioni supplementari sui pericoli

Nel Codice Europeo dei Rifiuti (CER), nomenclatura di riferimento comune per la Comunità europea, i rifiuti pericolosi sono indicati con l’asterisco.

Gestione dei rifiuti

La gestione e il controllo dei rifiuti, del loro trattamento (raccolta, trasporto, recupero e smaltimento) e delle discariche deve essere effettuata nel rispetto dei principi di precauzione, prevenzione, sostenibilità e collaborazione di tutti i soggetti coinvolti e nel rispetto del principio dell’ordinamento nazionale e comunitario che recita: “chi inquina paga”.

Pertanto, la gestione dei rifiuti è effettuata seguendo i criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali.
Evitare completamente la produzione di rifiuti sarebbe la scelta migliore per l’ambiente ma prima o poi ogni oggetto utilizzato è destinato a diventare un rifiuto da smaltire.

Secondo la “gerarchia della gestione dei rifiuti” contenuta nelle regole dell’UE e nella normativa nazionale vigente (art. 179 Decreto legislativo 152/06), le soluzioni da preferire sono:

  • prevenzione, riduzione della quantità e pericolosità dei rifiuti prodotti e loro riutilizzo: dare al prodotto una seconda vita e un nuovo utilizzo prima che diventi un rifiuto
  • riciclo, incluso il compostaggio e altri metodi di recupero come la combustione dei rifiuti con inceneritori/termovalorizzatori per generare energia
  • smaltimento in discarica, il metodo più economico ma anche il peggiore per l’ambiente e la salute poiché causa il rilascio di gas metano nell’atmosfera. Per questo deve essere l’ultima scelta da prendere in considerazione

Secondo i dati Eurostat relativi al 2016, il 53% di tutti i rifiuti urbani nell'Unione Europea (UE) viene recuperato (riciclato o trasformato in compostaggio o utilizzato per produrre energia), mentre il restante 47% è stato collocato in discarica o incenerito senza recupero energetico. Tuttavia, i metodi per la gestione dei rifiuti sono molto diversi.

Lo smaltimento in discarica è inesistente o molto ridotto nei Paesi del nord-ovest dell’Europa (Belgio, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca, Germania, Austria, Finlandia), che gestiscono i rifiuti urbani soprattutto attraverso l'utilizzo di inceneritori con produzione di energia e riciclo. La Germania e l'Austria sono in cima alla classifica dei Paesi che riciclano di più. Nei Paesi dell’est e sud Europa l'utilizzo delle discariche rappresenta ancora il metodo principale (>50%) per la gestione dei rifiuti (con Malta, Cipro, Romania all’80% o più). Altri Stati membri inclusa l’Italia hanno gestioni miste: il nostro Paese smaltisce circa un terzo dei rifiuti nelle discariche, la raccolta differenziata dei rifiuti domestici come media nazionale supera il 50%, seppur con diversità tra i vari territori, e vengono utilizzati anche inceneritori e termovalorizzatori.

Il Decreto legislativo 152/2006 stabilisce che i rifiuti debbano essere recuperati o smaltiti senza arrecare pericolo per la salute dell'uomo ed evitando di usare procedimenti o metodi che potrebbero avere un impatto sulla salute e sull'ambiente. Nell’ottica della prevenzione dei rischi associati alla gestione dei rifiuti, è consigliato che il loro smaltimento avvenga in uno degli impianti più vicini ai luoghi di produzione o raccolta e che si utilizzino metodi e tecnologie adatti a garantire un alto grado di protezione sia dell'ambiente, sia della salute pubblica. La legge stabilisce che i rifiuti pericolosi debbano essere raccolti, recuperati o smaltiti (a scelta del produttore) almeno con una cadenza bimestrale o quando il loro quantitativo in un deposito temporaneo raggiunga i 10 metri cubi.

I rifiuti non pericolosi devono essere, invece, smaltiti con cadenza almeno trimestrale (indipendentemente dalle quantità in deposito temporaneo) o quando il loro quantitativo raggiunga i 20 metri cubi.

Inoltre, sempre in un'ottica di riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti la norma prevede:

  • riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, mediante lo sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio delle risorse naturali
  • immissione sul mercato di prodotti che non aumentino la quantità di rifiuti, la loro nocività e i conseguenti rischi di inquinamento, o che vi contribuiscano il meno possibile (per fabbricazione, uso e smaltimento)
  • sviluppo di tecniche idonee all'eliminazione di sostanze pericolose nei rifiuti, così da favorirne il recupero
  • recupero, reimpiego, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti, attraverso la raccolta differenziata in grado di generare materie prime secondarie, combustibili, prodotti o energia. Questo tipo di raccolta permette inoltre, secondo criteri di economicità, efficacia, trasparenza ed efficienza, di raggruppare i rifiuti urbani in prodotti simili (vetro, carta, plastica, metalli, materiale organico, farmaci scaduti, pile, indumenti e tessuti, rifiuti ingombranti). Ciò al fine di ridurre l’impatto ambientale e la produzione di rifiuti da smaltire e di ottimizzare la loro gestione
  • riduzione dei rifiuti da avviare allo smaltimento finale
  • modalità sicure ed efficaci di smaltimento definitivo dei rifiuti, ad esempio, discarica controllata e, preferibilmente, incenerimento con parziale recupero energetico (termovalorizzazione)

Si deve purtroppo segnalare ancora oggi l’esistenza di discariche autorizzate ma non ancora a norma, discariche per rifiuti urbani dove vengono convogliati anche rifiuti pericolosi, discariche illegali, siti di abbandono illegale e combustione incontrollata di rifiuti pericolosi e misti.

Rischi per la salute

Le attuali conoscenze sui possibili rischi sanitari per la popolazione, legati ai processi di raccolta, trasformazione e smaltimento di rifiuti, sono ancora limitate e spesso non definitive.

Diverse, infatti, sono le sostanze inquinanti prodotte, le differenti vie di esposizione (per inalazione, attraverso la pelle, per ingestione di acqua e prodotti agricoli contaminati) e i possibili effetti combinati.

Gli studi epidemiologici a oggi disponibili non segnalano rischi per l'ambiente e per la salute delle popolazioni che vivono nei pressi delle discariche di rifiuti solidi urbani a norma e controllate. Anche per i nuovi impianti di inceneritori e termovalorizzatori, secondo studi di biomonitoraggio svolti anche dall’Istituto Superiore di Sanità, non sono stati evidenziati aumenti nell’esposizione agli inquinanti potenzialmente presenti nelle emissioni per le popolazioni residenti nell’area circostante. Inoltre, non è stata osservata un’associazione tra aumento del rischio per la salute pubblica e l’incenerimento dei rifiuti effettuato con le migliori tecnologie disponibili.

Dal 2015, l’Unione europea ha stabilito nuove restrizioni sulle quantità consentite nelle emissioni di molti agenti tossici (solventi, idrocarburi aromatici e aromatici policiclici, policlorobifenili, cloruro di vinile e metalli come zinco, mercurio, cadmio, cromo, arsenico, piombo). Ad esempio, le concentrazioni di diossine che possono essere emesse dagli impianti di incenerimento sono passate da un massimo di 4.000 a 0,1 ng/m3 (nanogrammi per metro cubo).

La situazione è diversa per le discariche di rifiuti pericolosi, impianti discariche non autorizzati, siti di abbandono illegali, siti per rifiuti urbani dove vengono raccolti anche rifiuti pericolosi, combustioni incontrollate di rifiuti. Situazioni che continuano a esistere, nonostante i controlli.

In questi casi, studi condotti in particolare nella regione Campania, hanno segnalato la possibilità di rischi per la salute della popolazione che risiede vicino alle discariche illegali di smaltimento dei rifiuti, dove spesso vengono attivati roghi. Queste situazioni generano l’emissione di sostanze nocive o tossiche (ad esempio la combustione di materiali plastici genera diossine e composti simili), con contaminazione di aria, acqua, suolo e possibile passaggio nella catena alimentare.

Inoltre, nel caso di discariche di rifiuti tossico-nocivi in impianti di vecchia generazione, alcuni dati suggeriscono un piccolo aumento del rischio di basso peso e malformazioni alla nascita, di comparsa di alcuni tumori (leucemie, colon-retto, polmone, vescica, fegato).

I rischi professionali a cui sono esposti quotidianamente gli operatori che si occupano della raccolta, trasporto e smaltimento sono:

  • rischio biologico, in tutti gli impianti di smaltimento rifiuti si ritrovano elevate concentrazioni di batteri e funghi che si sviluppano spontaneamente nei rifiuti organici, soprattutto in estate favorite dalle temperature elevate, e negli ambienti umidi o poco areati
  • rischio chimico, direttamente connesso alla manipolazione delle diverse tipologie di rifiuti e alla presenza di polveri negli ambienti chiusi e nelle vicinanze di macchine che movimentano elevate quantità di rifiuti
  • rischio connesso alla movimentazione manuale dei carichi
  • rischio del lavoro su strada
  • rischio di tagli e punture

Prevenzione e consigli utili

Attraverso l'applicazione dell'approccio delle 4 R (Riduzione, Riutilizzo, Riciclo, Recupero) che sta alla base di una corretta ed efficace gestione sostenibile dei rifiuti, essi possono trasformarsi in una importante risorsa.

Per prevenire e contenere i possibili effetti sull'ambiente e sulla salute della popolazione legati alla gestione dei rifiuti, la Direttiva europea in materia (2006/12/UE), recepita anche in Italia, sottolinea la necessità di adottare alcune misure preventive basate anche sul corretto comportamento giornaliero delle persone, come:

  • ridurre la produzione dei rifiuti, per farlo basta seguire alcune semplici regole tra cui:
    • limitare o evitare i prodotti monouso
    • acquistare prodotti sfusi o alla spina
    • riutilizzare involucri e contenitori
    • programmare gli acquisti in base a ciò di cui si ha veramente bisogno
    • sostituire le bottigliette d'acqua con borracce e thermos
    • utilizzare una borsa di stoffa per la spesa
    • scegliere articoli che abbiano imballaggi poco voluminosi o prodotti concentrati
    • comprimere il volume del rifiuto, pressando ad esempio le bottiglie di plastica o le lattine
  • effettuare la raccolta differenziata
  • riciclare, riutilizzare e recuperare i materiali
  • razionalizzare i materiali utilizzati per la produzione degli imballaggi (ad esempio, vetro, carta, cartone, plastiche, legno, metalli) e le modalità di smaltimento. La loro “vita” è infatti breve: si trasformano ben presto in rifiuti poiché, non essendo più utili, si tende a disfarsene quasi immediatamente. Tutti gli imballaggi devono essere etichettati per facilitarne raccolta, riutilizzo e riciclaggio, fornendo al consumatore utili informazioni sulle loro destinazioni finali: consultare le indicazioni in etichetta rende più semplice fare la raccolta differenziata

Altre azioni per il contenimento della produzione dei rifiuti devono essere invece messe in atto dalla Amministrazione Pubblica. Esse includono:

  • introduzione di nuovi materiali, che s'inseriscano nel ciclo dell'economia circolare e riducano l'utilizzo di materie prodotte da idrocarburi fossili
  • controllo delle discariche, in modo da eliminare le discariche illegali, analizzando gli effetti sanitari sulle popolazioni esposte
  • utilizzo di nuovi impianti di incenerimento, per la costruzione dei quali si suggerisce di:
    • dotare gli inceneritori delle più moderne tecnologie
    • monitorare regolarmente le emissioni degli impianti
    • verificare l’effettiva assenza di condizioni di rischio
    • coinvolgere la popolazione, in tutte le fasi sia decisionali, sia operative connesse allo smaltimento dei rifiuti
    • effettuare una sorveglianza sanitaria, per le popolazioni residenti in prossimità di discariche controllate
    • divulgare i risultati di tali studi

Per limitare i rischi per la salute degli operatori coinvolti nella raccolta e nel trattamento dei rifiuti, le principali misure di prevenzione e protezione sono strettamente correlate a una adeguata formazione e informazione del personale addetto, in modo da renderlo consapevole dei possibili rischi e dell’importanza di adottare un comportamento adeguato. Sarà compito del gestore adottare una corretta organizzazione della logistica delle aree di lavoro (ad esempio, areazione adeguata, controllo della polverosità) e mettere a disposizione dei lavoratori adeguati dispositivi di protezione individuale (guanti anti-taglio, calzature antinfortunistiche, indumenti di protezione, maschere, respiratori, occhiali protettivi) e dispositivi di protezione collettivi (sistemi di aspirazione e barriere di protezione sugli strumenti).

Bibliografia

EpiCentro (ISS). Rifiuti e salute in Campania

Dipartimento di Epidemiologia del Servizio SanitarioRegionale (DEP) - Regione Lazio. Rifiuti solidi urbani e salute

Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (ARPAV). Classificazione dei rifiuti

Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (ISPRA). ISPRA presenta il Rapporto Rifiuti 2018

Istituto Superiore di Sanità (ISS). A cura di Laura Turco e Rossella Giovannangeli. Classificazione dei rifiuti test richiesti dalla normativa. 2014, 50 p. (Rapporti ISTISAN 14/28)

Prossimo aggiornamento: 24 Ottobre 2025

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