Introduzione

Linfoma non-Hodgkin

Il linfoma non-Hodgkin (LNH) è un tumore maligno del sistema linfatico.

Il sistema linfatico è una rete di ghiandole e vasi sottili diffusa in tutto il corpo, comprendente anche milza, timo e tonsille, che ha il compito di difendere l’organismo dalle malattie e di assicurare una corretta circolazione dei liquidi. All’interno dei canali linfatici scorre la linfa che trasporta i liquidi in eccesso, i materiali di scarto e i linfociti (cellule del sangue appartenenti ai globuli bianchi), che hanno la funzione di combattere le infezioni.

La conformazione del sistema linfatico spiega il motivo per cui il linfoma può iniziare in qualunque parte del corpo, in ogni organo o tessuto, inclusi fegato, milza e midollo osseo. Infatti, nel 30% dei casi anche l'intestino, il midollo osseo, la cute e le braccia sono coinvolti nel LNH.

Nel linfoma non Hodgkin, alcuni linfociti iniziano a moltiplicarsi in modo anomalo e sregolato, raccogliendosi nei linfonodi (ghiandole del sistema linfatico). Poiché i linfociti così prodotti non hanno le caratteristiche necessarie per combattere le infezioni, la persona con linfoma non Hodgkin risulta più vulnerabile e si ammala con più facilità.

Il disturbo (sintomo) più comune causato dal LNH è il gonfiore, generalmente indolore, di un linfonodo del collo, delle ascelle o dell'inguine.

Il linfoma non Hodgkin, in realtà, comprende un gruppo di tumori rari diversi che in Italia costituisce circa il 3% di tutti i tumori diagnosticati. Anche se può manifestarsi a qualunque età, la fascia più a rischio è quella oltre i 65 anni e gli uomini hanno un rischio leggermente maggiore di svilupparlo rispetto alle donne. Secondo recenti stime dei Registri Tumori AIRTUM, nonostante il numero di nuovi casi del linfoma non Hodgkin sia in aumento (circa 7.000 casi/anno negli uomini e 6.000 nelle donne) la mortalità è stabile. Ciò indica che sono stati ottenuti dei progressi della medicina e che le terapie attualmente disponibili sono più efficaci delle precedenti.

La causa precisa del linfoma non Hodgkin è sconosciuta. Il rischio di svilupparlo, tuttavia, è maggiore in presenza di condizioni che indeboliscono il sistema immunitario, se si assume una terapia a base di immunosoppressori o, ancora, se in precedenza si è stati esposti al virus di Epstein-Barr, responsabile della mononucleosi infettiva. Inoltre, il rischio può aumentare se si ha un parente di primo grado (genitore, fratello/sorella) con linfoma non Hodgkin.

L'unico modo per confermare la presenza del linfoma non Hodgkin è eseguire una biopsia, ovvero prelevare un pezzetto del linfonodo ed esaminarlo in laboratorio.

Esistono molti sottotipi di linfoma non Hodgkin ma, in genere, sono tutti inquadrati in una delle due principali categorie:

  • LNH indolente o a basso grado di malignità, linfomi che si sviluppano lentamente e con i quali si può convivere per molti anni in assenza di sintomi evidenti
  • linfoma non Hodgkin aggressivo o ad alto grado di malignità, linfomi che si sviluppano rapidamente e in modo aggressivo

I linfomi non Hodgkin a basso grado di malignità, di solito, non richiedono di essere curati velocemente ma sono più difficili da guarire completamente. Invece, quelli ad alto grado di malignità devono essere curati subito, tendono a rispondere molto meglio alle terapie e, spesso, è possibile raggiungere la guarigione totale dalla malattia. Tuttavia, per entrambe le categorie l’evoluzione nel tempo varia notevolmente in base a tipo, grado, estensione del linfoma ed età della persona.

Le terapie principalmente utilizzate sono chemioterapia, radioterapia e terapia anticorpale monoclonale. Nel complesso, la maggior parte dei casi di linfomi non Hodgkin sono considerati curabili ma c’è il rischio che molto tempo dopo la fine delle cure possano comparire complicazioni che includono l'infertilità e un incremento del rischio di sviluppare un altro tipo di tumore.

Sintomi

Il disturbo (sintomo) con cui il linfoma non Hodgkin (LNH) più comunemente si manifesta è un ingrossamento dei linfonodi nella regione cervicale, ascellare o inguinale.

È importante tenere presente che l’ingrossamento di uno o più linfonodi non equivale necessariamente alla presenza di un linfoma quanto, nella maggior parte dei casi, a una possibile infezione che il sistema immunitario sta combattendo.

I sintomi caratteristici della fase avanzata del LNH sono sudorazioni notturne, inspiegabile perdita di peso, febbre, prurito diffuso, tosse persistente, affaticamento, difficoltà di respirazione anche se non compaiono quasi mai in forma grave.

Nella fase acuta, il LNH può non causare alcun sintomo. In alcuni casi, infatti, può essere del tutto silente per lunghi periodi o presentarsi improvvisamente in forma aggressiva.

Altri sintomi possono dipendere dal sito in cui sono presenti i linfonodi ingrossati. Se si trovano nell’addome, ad esempio, è possibile sentire dolore o senso di indigestione. Nel caso in cui le cellule anomale siano presenti nel midollo osseo, è possibile provare stanchezza persistente, facilità al sanguinamento e maggiore vulnerabilità alle infezioni.

Quando consultare un medico

Se compaiono linfonodi gonfi per un periodo di tempo prolungato senza che siano presenti segni di infezione, è consigliabile contattare il medico curante. Se sono presenti alcuni o, addirittura, tutti i sintomi sopra elencati è necessario scoprirne la causa e curarla, anche se molto probabilmente non è il LNH a causarli.

Cause

Sebbene sia certo che il linfoma non Hodgkin sia determinato da una mutazione, ossia da un cambiamento nel DNA dei linfociti, il motivo esatto per cui la mutazione avvenga non è noto.

Normalmente, il DNA fornisce alle cellule una serie di istruzioni di base, ad esempio quando crescere e quando riprodursi. Dopo la mutazione del DNA, invece, le cellule non rispettano più le istruzioni e iniziano a crescere in modo sregolato. In genere, i linfociti anomali iniziano a moltiplicarsi in uno o più linfonodi di una particolare regione del corpo, come il collo o l'inguine. Nel tempo, però, è possibile che si diffondano anche in altre parti del corpo, come midollo osseo, milza, fegato, pelle e polmoni.

Fattori di rischio

I fattori che possono aumentare il rischio di sviluppare il linfoma non Hodgkin sono stati identificati. Tra questi:

Il linfoma non Hodgkin non è contagioso e non sembra essere presente in più membri di una stessa famiglia. Tuttavia, il rischio può essere leggermente maggiore se un parente di primo grado (come un genitore o un fratello/sorella) ha avuto il linfoma.

Il linfoma non Hodgkin può insorgere a qualunque età ma nella maggior parte dei casi la diagnosi avviene in persone di età superiore ai 65 anni. È leggermente più comune negli uomini rispetto alle donne.

Diagnosi

Se il medico curante sospetta la presenza di un linfoma non Hodgkin (LNH) potrebbe prescrivere una serie di esami che includono:

Biopsia del linfonodo

Tecnica che consente di diagnosticare il LNH mediante la rimozione di uno o tutti i linfonodi coinvolti e la loro successiva analisi in laboratorio. È una procedura effettuata, di solito, in anestesia locale. Non richiede il ricovero tranne in caso di difficoltà ad accedere al linfonodo. In questo caso l’intervento è eseguito in anestesia generale. Dopo averlo prelevato, l'esperto patologo lo analizza per verificare la presenza di cellule cancerose al suo interno. In caso affermativo, la biopsia consente di identificare esattamente il tipo di linfoma presente e di predisporre la pianificazione della cura più adatta.

Tipologie di linfomi non Hodgkin

Esistono molti tipi di linfomi e la loro classificazione è complessa. Tuttavia, attualmente i metodi d'indagine utilizzati sono più sofisticati rispetto al passato e sono state proposte nuove classificazioni, tra cui la più recente è quella elaborata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

In linea generale, si distinguono i linfomi non Hodgkin che derivano dai linfociti B (fino al 90% dei casi) da quelli che derivano dai linfociti T; ogni categoria è a sua volta suddivisa in diversi sottogruppi. Tali ripartizioni tengono conto dell’aspetto dei linfociti al microscopio, della loro velocità di crescita (aggressività della malattia), e della loro localizzazione (raggruppati o diffusi).

Se la biopsia accerta la presenza del linfoma non Hodgkin, è indispensabile verificare lo stato generale di salute della persona, l’estensione e la fase della malattia tramite altri esami specifici.

Esami del sangue

In presenza di linfoma non Hodgkin, si esegue un esame del sangue comprendente l’emocromo completo. Da un semplice prelievo, infatti, è possibile osservare il numero e la forma dei globuli bianchi, dei globuli rossi e delle piastrine. Il loro esame dettagliato può fornire informazioni preziose per controllare lo stato di salute generale e il funzionamento di organi come fegato e reni.

Biopsia del midollo osseo

Per diagnosticare il linfoma non Hodgkin e verificare la presenza di cellule cancerose, l'ematologo richiede il prelievo di un campione di midollo osseo. Si tratta di una procedura generalmente effettuata in anestesia locale, senza ricovero, che consiste nell’inserire un ago in un osso piatto (di norma il bacino) per aspirare un frammento di midollo osseo da analizzare al microscopio.

Raggi X e esami per immagini

In alcuni casi, per diagnosticare il LNH e per escludere eventuali complicazioni o verificare se le cure abbiano avuto effetto, il medico può decidere di eseguire una radiografia al torace e/o un’ecografia e/o una TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) o, ancora, una risonanza magnetica. Questo tipo di esami è utile anche per determinare quanto il linfoma si sia diffuso, per valutare lo stato di linfonodi e milza, o identificare altre possibili cause dei sintomi presenti.

Puntura lombare

Mediante un ago sottile, un campione di fluido spinale è prelevato ed esaminato per vedere se contiene cellule di linfoma non Hodgkin.

Una volta completate le indagini e accertata la presenza del linfoma è possibile stabilire con esattezza il numero dei linfonodi colpiti e l’eventuale estensione del linfoma in organi al di fuori del sistema linfatico e nell’organismo in generale. Questa determinazione avviene tramite la cosiddetta stadiazione. Il linfoma non Hodgkin è classificato secondo la scala di Ann-Arbor, che ne valuta diversi parametri e distingue quattro stadi:

  • stadio 1, il tumore è circoscritto in un unico gruppo di linfonodi, al di sopra o al di sotto del diaframma
  • stadio 2, il tumore coinvolge due o più gruppi di linfonodi, tutti situati al di sopra o al di sotto del diaframma
  • stadio 3, il tumore si è diffuso nei gruppi di linfonodi situati sia sopra che sotto il diaframma
  • stadio 4, il tumore si è diffuso ad altri organi, come fegato o polmoni, o nel midollo osseo

Il numero dello stadio è appaiato a una lettera alfabetica che corrisponde a un ulteriore dettaglio sul tumore:

  • A, assenza di sintomi
  • B, presenza di sintomi specifici, quali perdita di peso, febbre o sudorazioni notturne
  • E, malattia diffusa anche in un organo esterno al sistema linfatico, ad esempio il fegato
  • S, malattia diffusa anche alla milza
  • X, la massa tumorale ha dimensioni voluminose

Anche l'Indice Prognostico Internazionale (IPI) è molto utilizzato per la stadiazione del linfoma non Hodgkin. Si basa sulla suddivisione in stadi ma è formulato secondo cinque criteri/valori: età, stadio della malattia, malattia presente anche al di fuori del sistema linfatico, capacità di svolgere le attività quotidiane e livello dell’enzima lattico-deidrogenasi.

Terapia

Il linfoma non Hodgkin, generalmente, è curato con chemioterapici o radioterapia, anche se in alcuni casi, nella fase iniziale, non è necessaria alcuna cura. Se al momento della diagnosi il tumore è molto piccolo, infatti, è sufficiente rimuoverlo durante l’esecuzione della biopsia.

Strategia terapeutica

Dato che le terapie sottopongono la persona con linfoma non Hodgkin a uno sforzo fisico impegnativo, la scelta del programma di cura dipende strettamente anche dallo stato generale di salute e dall’età della persona.

Se il linfoma è a basso grado di malignità, cioè a lento sviluppo, viene consigliato solo un periodo di attesa vigile con controlli frequenti. In questa fase, infatti, le terapie non aggiungerebbero efficacia per la gestione della malattia e i loro effetti indesiderati potrebbero essere piuttosto intensi, causando uno stress inutile.

Chemioterapia

I farmaci utilizzati per la chemioterapia sono somministrati per endovena o per bocca. La terapia di solito dura alcuni mesi ed è effettuata senza ricovero, a meno che non si presentino effetti indesiderati tali da richiederlo. Tra questi, il più critico è il danneggiamento del midollo osseo che può causare affaticamento, fiato corto, fragilità, maggiore predisposizione alle infezioni, facilità alla formazione di lividi e al sanguinamento.

In presenza di tali effetti è probabile che la cura venga temporaneamente sospesa finché non si sia ripristinato un numero adeguato di cellule sane del sangue. Altri effetti indesiderati possibili includono: nausea, vomito, diarrea, perdita dell’appetito, ulcere alla bocca, perdita dei capelli e infertilità. In genere, questi effetti spariscono al termine della cura.

Nel caso in cui la chemioterapia risulti inefficace e sia necessario effettuarne un nuovo ciclo ad alte dosi, è indispensabile sottoporsi prima a reinfusione di cellule staminali emopoietiche (le cellule dalle quali derivano tutte le cellule del sangue) per proteggere l’organismo e consentirgli di sopportare la terapia.

Radioterapia

La radioterapia è utilizzata principalmente allo stadio iniziale, ovvero quando il linfoma non si è ancora diffuso. Generalmente, è effettuata con brevi sedute quotidiane, per diverse settimane, e non prevede ricovero. Di per sé non è dolorosa ma può comportare alcuni effetti secondari significativi, sebbene temporanei, sia specifici della parte del corpo trattata, sia più generici, come stanchezza, nausea, vomito, bocca riarsa, perdita di appetito. Altri effetti come l’infertilità o la pelle scurita nell’area trattata, potrebbero essere permanenti.

Anticorpi monoclonali

Esistono dei farmaci definiti "intelligenti" o "a bersaglio" perché sono in grado di colpire in modo specifico una proteina presente sulla superficie delle cellule tumorali o nel circolo sanguigno. Tali farmaci rivestono un ruolo molto importante nella cura dei linfomi non Hodgkin. Uno di essi, il più impiegato, è il Rituximab, somministrato per via endovenosa. Può causare alcuni effetti indesiderati come stanchezza, nausea, prurito e disturbi influenzali come mal di testa, febbre e brividi, che si attenuano con il progredire della terapia.

Terapia steroidea

Gli steroidi sono comunemente usati in combinazione con la chemioterapia per la cura del linfoma non Hodgkin, perché la ricerca ha dimostrato che l’assunzione di steroidi, generalmente in compresse, rende la chemioterapia più efficace. Per limitare i possibili effetti indesiderati derivanti dalla terapia steroidea, di solito, ne è consigliato un ciclo breve, non più di pochi mesi. Potrebbero, infatti, comparire un aumento dell’appetito, senso di indigestione, insonnia o agitazione che però scompaiono al cessare della terapia.

Trapianto di cellule staminali

Se il linfoma non Hodgkin non risponde alla terapia, o se la malattia appare di nuovo dopo la cura iniziale, è possibile effettuare il trapianto autologo di cellule staminali (vale a dire con cellule prelevate dalla persona in cura) o allogenico (con cellule provenienti da un donatore compatibile). Prima di eseguire il trapianto, la persona è sottoposta a una dose molto elevata di chemioterapia in modo da eliminare sia le cellule tumorali che quelle sane del midollo e poterle, poi, sostituire con quelle sane da trapiantare.

Al completamento della terapia, sarà necessario sottoporsi a regolari visite di controllo per verificare e prevenire il ritorno del linfoma.

Complicazioni

Una delle complicazioni più comuni del linfoma non Hodgkin è l’immunodepressione, ossia l’indebolimento del sistema di difesa dell’organismo che diviene meno efficiente e meno capace di reagire alle infezioni. Le terapie possono aggravare l’immunodepressione. Per questo motivo alle persone con linfoma non Hodgkin sono prescritti anche degli antibiotici da prendere con regolarità.

Per evitare infezioni, oltre alla cura antibiotica, è necessario seguire con attenzione le prescrizioni mediche, mantenere una buona igiene dentale e personale, evitare il contatto con persone malate, anche se dovesse trattarsi di malattie infettive già contratte in precedenza come, ad esempio, morbillo o varicella. Inoltre, è importante riferire al proprio medico eventuali sintomi quali febbre alta, mal di testa, dolori ai muscoli, diarrea e stanchezza, se durano nel tempo. Sebbene sia fondamentale continuare a uscire regolarmente, sia per fare esercizio fisico, sia per il proprio benessere psicologico, è sostanziale evitare luoghi affollati e mezzi pubblici nelle ore di punta. Inoltre, è bene assicurarsi che tutte le vaccinazioni e i richiami siano stati eseguiti, anche se non sarà possibile sottoporsi a vaccinazioni durante la terapia.

Chemioterapia e radioterapia per il trattamento del linfoma non Hodgkin possono causare infertilità, a volte temporanea, il più delle volte permanente. Pertanto, qualora si intenda programmare una gravidanza, potrebbe essere proposto di conservare il proprio sperma o i propri ovuli per poterli utilizzare al termine delle cure.

Le persone che hanno avuto il linfoma non Hodgkin sono più predisposte ad avere, in seguito, tumori secondari come linfoma, leucemia o altri. Chemioterapia e radioterapia ne aumentano il rischio. Inoltre, è possibile che tumori come quello della mammella o del polmone compaiano anche dopo oltre dieci anni dalla fine delle cure per il linfoma non Hodgkin; la leucemia o altri tipi di linfoma possono, invece, svilupparsi prima.

Anche il rischio di problemi cardiovascolari o polmonari è maggiore per le persone che hanno avuto il linfoma non Hodgkin.

Per ridurre tutti i rischi citati è indispensabile, una volta terminata la cura, adottare un corretto stile di vita, evitando di fumare, mantenendo un peso ottimale, seguendo una dieta bilanciata, svolgendo un esercizio fisico regolare.

Aspetti psicologici

Scoprire di avere il linfoma non Hodgkin, soprattutto se non si hanno sintomi e ci si sente bene, può creare disorientamento. Parlare con un consulente o uno psicologo può aiutare a fronteggiare al meglio la situazione, aumentando, così, la probabilità di guarigione.

Vivere con

Affrontare la scoperta della malattia

Può essere molto difficile scoprire di avere il linfoma non Hodgkin, sia dal punto di vista pratico che emotivo. La reazione è del tutto soggettiva, diversa da persona a persona. Parlarne con lo specialista ma anche con amici e familiari può essere di grande aiuto.

Affrontare il linfoma non Hodgkin nella pratica

Dal punto di vista pratico, è necessario lavorare per gestire altri aspetti della vita, dalle questioni economiche a quelle familiari, fino a quelle strettamente personali. Non è necessario affrontare e risolvere tutto da soli e tutto in una volta e un colloquio con il medico o l'infermiere specializzato può essere d’aiuto.

Prossimo aggiornamento: 17 Gennaio 2024

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